Braccia alzate del pubblico durante un concerto, simbolo dell’energia e dell’unione che la musica crea tra le persone in tutto il mondo

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By Guido Buffoli

Musica nell’umanosfera natalizia: “We are the World”

Come augurio di Natale, un amico mi ha inviato la registrazione di un pezzo che è entrato nella storia della musica: We are the World degli “USA for Africa”.
In passato avevo visto un programma che raccontava come i singoli artisti fossero stati convocati e avessero aderito, quali difficoltà i promotori avessero incontrato nel far cantare insieme personalità musicali così diverse attribuendo via via diversi ruoli di cori e solisti. Avevano dovuto provare e improvvisare in tempi brevissimi facendo sintonizzare fra loro artisti che non avevano mai cantato insieme e far loro superare spinte competitive nonché narcisistiche. Si scontravano voglia di far bene e diffidenza e in vari momenti sembrava che l’impresa non potesse essere realizzata… Alla fine ha funzionato alla grande e chiunque abbia ascoltato e visto l’esecuzione di questo celebre pezzo, al di là del valore del testo e della musica, penso sia rimasto impressionato da quanto le voci e gli stili di tutti quei diversi cantanti siano riusciti a fondersi, a sostenersi, alternandosi in un’unica orchestra senza direttori piena di solisti e accompagnatori.

Fin qui erano state le considerazioni e i corpo-pensieri che avevo fatto allora — come il fatto che spesso la musica suonata insieme catalizza e fa emergere potenzialità di ascolto e democratica sintonia come le parti migliori delle persone, che spesso però non si mantengono finita la musica, strumentale o corale che sia. Ci sono persone che non si piacciono e non desiderano incontrarsi su altri piani, ma che vanno d’accordo su quello artistico musicale.
Avevo avanzato diverse ipotesi sul perché possa accadere una tale scissione, tra cui il fatto che la musica — come una specie di droga che però non fa male e non dà assuefazione — trasporta in mondi emotivi paralleli meno conflittuali di quelli reali, da cui, finito l’effetto, le persone tornano alla realtà in cui affrontare le abituali difficoltà. Riascoltando il pezzo inviatomi, non a caso, dall’amico, ho avuto una rappresentazione più ampia di quella sorta di magia corale grazie alla considerazione che ho dei corpo-pensieri e dell’umanosfera. La musica, il canto, le parole muovono entità materiali, onde e vibrazioni che toccano contemporaneamente i pensieri-emotivi e il corpo, facendo entrare in risonanza e in consonanza entrambi in un tutt’uno. Il fatto che nonostante le enormi difficoltà pratiche, gli scetticismi e le ansie dei singoli, il progetto si sia magicamente realizzato, ritengo che in buona parte lo si debba al fatto che — anche se inconsapevolmente — gli artisti abbiano attinto all’insieme del patrimonio secolare raccolto nell’umanosfera. Dal superamento degli egoismi con cui tante persone nell’umanità hanno solidarizzato con i bisognosi — beati coloro che compiono opere di bene — e dal patrimonio sonoro musicale che da millenni in tutte le civiltà attesta il bisogno e l’importanza di suonare e cantare insieme. La magia di questo pezzo si percepisce proprio nel piacere comunitario che gli stessi artisti scoprono cantando, nell’assenza di competitività e virtuosismo fine a se stesso, nel partecipare insieme di tanti modi diversi di corpo sentire fino a realizzare un intenso abbraccio corale che arriva alla musica del cuore. Anche questo incredibile evento è stato affidato alle memorie e corpo-correnti dell’umanosfera.

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