Coabitare: vivere insieme non è solo condividere uno spazio
Il film coreano 84 m2 racconta, con un tono intimo e disturbante, cosa accade quando l’abitare e il coabitare non riescono a trovare un sano compromesso, arrivando a minare la stessa sopravvivenza.
In uno spazio ristretto — un piccolo appartamento in un grande condominio — si intrecciano vite che non hanno scelto di incontrarsi, ma che inevitabilmente si influenzano, si feriscono, si osservano.
Coabitare, in questo senso, non significa soltanto dividere le mura o un indirizzo, ma dividere le tensioni, i rumori, le abitudini, i silenzi e perfino le emozioni.
Ogni condominio è una sorta di organismo collettivo, in cui le singole cellule convivono, collaborano o si scontrano.
Eppure, se spostiamo lo sguardo dall’esterno all’interno, scopriamo che anche dentro di noi abitiamo in condominio.
Una moltitudine di parti diverse — fragili e forti, razionali e impulsive, timide e dominanti — coabitano nel nostro spazio interiore.
E come nei condomini reali, anche in quello personale non sempre regna la pace.
Il condominio come metafora interiore
Ogni palazzo ha i suoi piani, i suoi spazi comuni, i suoi conflitti ricorrenti.
C’è chi fa troppo rumore, chi lascia la luce accesa, chi pretende di avere sempre ragione.
Dentro di noi accade qualcosa di simile: alcune parti “occupano” più spazio, fanno più rumore, pretendono di dominare il resto.
Altre invece si chiudono in silenzio, si isolano nei piani più alti o nei sotterranei della psiche.
Coabitare con se stessi richiede la stessa pazienza, lo stesso esercizio di tolleranza che serve a convivere con gli altri.
Serve la capacità di mediare tra i propri impulsi, di accettare che in noi convivano contraddizioni, desideri opposti, identità multiple.
La difficoltà di coabitare con se stessi è forse la più grande forma di abitare che esista: perché non possiamo mai “trasferirci altrove”.
Abitare implica confini, coabitare li mette alla prova
Abitare significa delimitare uno spazio e sentirlo proprio.
Coabitare, invece, significa aprire quello spazio al rischio dell’altro.
E ogni volta che accogliamo un altro — un vicino, un compagno, una parte di noi che non comprendiamo — il confine si fa più fragile.
Il film 84 m2 ci mostra proprio questo: la tensione continua tra il bisogno di avere un rifugio e la necessità di condividerlo.
Lo spazio fisico diventa il riflesso dello spazio mentale: troppo stretto per contenere tutto, troppo abitato per restare neutro.
Anche nella nostra interiorità succede qualcosa di simile — alcune emozioni vogliono l’esclusiva, altre chiedono di essere accolte, altre ancora si nascondono.
Coabitare con se stessi significa imparare a dare spazio a tutte, senza farle esplodere in conflitto.
Un equilibrio precario, certo, ma forse l’unico modo autentico per “abitare” davvero la propria vita.
Il condominio persona
Se pensiamo al nostro mondo interno come a un condominio, allora possiamo immaginare un amministratore (la nostra coscienza), alcuni inquilini principali (i tratti più visibili del nostro carattere), e tanti abitanti più discreti che raramente si fanno notare.
Ogni tanto c’è un’assemblea — il momento del confronto, del dubbio, del ripensamento. E, come in ogni assemblea, emergono disaccordi, irritazioni, compromessi.
Il rischio è lasciare che una sola voce prenda il potere, che un unico “dominus”, come direbbe il dottor Guido Buffoli, si comporti da padrone assoluto della casa.
Eppure, l’armonia interiore non nasce dal dominio, ma dalla coabitazione: dal permettere a tutte le parti di noi di avere un posto, un ruolo, una parola.
La conclusione del dottor Buffoli
Abbiamo chiesto al dottor Guido Buffoli se è possibile un parallelismo tra il condominio palazzo e il condominio persona.
La sua risposta:
“Si può fare un convincente parallelismo fra le dinamiche conflittuali che pervadono i condomini e quelle che coabitano dentro di noi… un esempio? Basta pensare a cosa succede quando le persone abitano per le strade condomini a quattro, tre, due ruote, persino nei cieli.
La parola condominio si potrebbe collegare alla parola dominio, anche a quelle latine di dominus e domina, i padroni della casa… e tutti gli altri sono servi o liberti?”
Foto di Pixabay: https://www.pexels.com/it-it/foto/balconi-delle-camere-358499/ modificato da psicosinfonie

