Lampada dorata in stile Aladino, simbolo del desiderio, oggi declinato nel desiderare di desiderare.

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By Psicosinfonie

Desiderare di desiderare: tra paradosso e illusione

Il desiderio è il motore della nostra esistenza. È ciò che ci muove, che ci fa sentire vivi, che ci spinge verso nuovi obiettivi. Ma cosa accade quando iniziamo a desiderare di desiderare? Questo fenomeno, apparentemente paradossale, riflette una delle grandi questioni della modernità: il nostro desiderio è spontaneo o è il prodotto di una società che ci impone non solo cosa volere, ma anche l’idea che dobbiamo sempre volere qualcosa?

Byung-Chul Han: il desiderio come imperativo

Byung-Chul Han, di cui abbiamo già parlato nell’articolo precedente, ha analizzato come l’uomo contemporaneo sia passato dall’essere soggetto a divieti esterni a una forma di auto-sfruttamento in cui la libertà si trasforma in obbligo. In questo contesto, anche il desiderio diventa una forma di pressione: dobbiamo essere motivati, dobbiamo avere aspirazioni, dobbiamo desiderare continuamente qualcosa di più e di meglio.

Han suggerisce che la società della prestazione ha trasformato il desiderio in un dovere. Il desiderare di desiderare nasce da questa dinamica: l’assenza di desiderio viene percepita come un problema, quasi come una mancanza di valore personale. Il soggetto non è solo spinto a desiderare, ma è anche costretto a interrogarsi costantemente sulla qualità e l’intensità dei propri desideri. Così, il desiderio smette di essere un moto spontaneo e diventa un’ansia esistenziale: «Sto desiderando abbastanza? Sto desiderando le cose giuste?».

Slavoj Žižek: il desiderio è sempre dell’Altro

Slavoj Žižek, seguendo la lezione di Jacques Lacan, spiega il desiderio in termini di mancanza strutturale. Secondo Lacan, il desiderio non è mai un’esperienza individuale e autonoma, ma è sempre mediato dall’Altro: desideriamo ciò che vediamo desiderato dagli altri. Questo spiega perché il desiderio non sia mai completamente soddisfatto: ciò che vogliamo non è tanto l’oggetto del desiderio in sé, ma il riconoscimento e la convalida sociale che ne derivano.

In questa prospettiva, il desiderare di desiderare può essere visto come il tentativo di riempire un vuoto che non può mai essere colmato. Se il desiderio nasce dalla mancanza e se questa mancanza è costitutiva della nostra soggettività, allora il desiderio di desiderare è la forma più pura di questa dinamica. L’individuo sente che deve continuare a desiderare, anche quando non ha chiaro cosa voglia realmente, perché il desiderio stesso è il segnale della propria esistenza. In un certo senso, siamo meno spaventati dal non ottenere ciò che vogliamo che dall’idea di smettere di volere qualcosa.

René Girard: il desiderio mimetico

Un altro pensatore fondamentale per comprendere il desiderio è René Girard. La sua teoria del “desiderio mimetico” sostiene che non desideriamo in modo autonomo, ma imitiamo i desideri altrui. Vediamo qualcuno volere qualcosa e, di conseguenza, iniziamo a volerlo anche noi.

Il desiderare di desiderare può essere interpretato attraverso questa lente: in un mondo saturo di modelli di desiderio – dai social media alla pubblicità – siamo costantemente esposti a desideri altrui e, in assenza di un desiderio spontaneo, ci sentiamo quasi obbligati a imitarne uno. Il risultato è una società in cui l’autenticità del desiderio si dissolve e l’individuo finisce per desiderare ciò che gli viene imposto come desiderabile.

Girard ci mette anche in guardia sul rischio che questo desiderio mimetico degeneri in rivalità. Se desideriamo ciò che desiderano gli altri, entriamo in competizione con loro, creando tensioni e conflitti. Il desiderare di desiderare può dunque condurre a una spirale in cui non solo ci affanniamo per volere qualcosa, ma ci troviamo anche a competere per desideri che forse non ci appartenevano nemmeno.

Bernard Stiegler: il desiderio catturato dalla tecnologia

Un’altra prospettiva interessante è offerta da Bernard Stiegler, che ha analizzato come il capitalismo e la tecnologia abbiano trasformato il desiderio in un oggetto di controllo e manipolazione. Secondo Stiegler, le tecnologie digitali e gli algoritmi oggi non si limitano a rispondere ai desideri delle persone, ma li anticipano e li modellano, creando un ciclo di desiderio preconfezionato.

Se Girard ci ha mostrato come il desiderio sia mimetico, Stiegler ci mostra come sia anche programmabile. Le piattaforme digitali osservano il nostro comportamento, tracciano le nostre preferenze e ci propongono oggetti e idee che stimolano continuamente nuovi desideri. Questo porta alla condizione in cui il desiderare di desiderare non è più solo un fenomeno psicologico o sociale, ma un vero e proprio meccanismo economico: mantenere le persone in uno stato di desiderio insoddisfatto è la chiave della crescita del mercato.

Conclusione: la libertà nel desiderio è possibile?

Se il desiderio è sempre condizionato, mediato e persino manipolato, esiste una via per recuperare un desiderio autentico? La risposta non è semplice. Filosofi come Han, Žižek, Girard e Stiegler ci mostrano come il desiderio sia sempre legato a dinamiche sociali ed economiche più grandi di noi.

Eliminare questi condizionamenti è impossibile, ma possiamo diventarne consapevoli. Capire che il desiderare di desiderare è spesso il prodotto di un sistema che ci spinge a essere costantemente insoddisfatti può aiutarci a sottrarci, almeno in parte, a questa logica. Rallentare, contemplare, accettare il vuoto senza doverlo riempire immediatamente con un nuovo desiderio potrebbe essere un primo passo per recuperare una forma più libera e autentica di volontà.

Il desiderio è un elemento essenziale della nostra esistenza. Ma anche quello che ci rende meno liberi. Proprio per questo sarebbe importante riuscire a riconoscere i desideri che sono davvero nostri.

Foto di Boris Hamer: https://www.pexels.com/it-it/foto/lampada-oggetto-d-antiquariato-oro-dorato-20122584/

1 commento su “Desiderare di desiderare: tra paradosso e illusione”

  1. Dioniso, più comunemente Bacco, era rappresentato come un dio turbolento, guerrafondaio, che ha dovuto fare un percorso di autocontrollo, ravvedimento e purificazione. Le feste dionisiache e i baccanali richiamano ammucchiate orgiastiche e sballo alcolico. Le baccanti in preda a riti collettivi escludevano gli uomini inneggiando solo a Bacco, sacrificando animali. Ma per gli antichi Bacco era il portatore di “bios”, di “eros”, spiriti vitali. Questa premessa per sottolineare come quando si parla di desiderio sarebbe il caso di intendersi sul significato non solo etimologico, ma anche simbolico-rappresentativo che vogliamo attribuirgli. Abbiamo tutti bisogno di energia da ricaricare, sebbene disponiamo di pile a lunga durata, quindi, se per desiderio e sua soddisfazione intendiamo l’eros degli antichi, è fondamentale sapere come inserirlo nella nostra vita, non considerarlo un bisogno secondario, e come approvvigionarsi a quella fonte. Desiderare, volere, avere bisogno, sognare, il ” voio… voio” struggente dei bambini, non sono sinonimi, hanno punti in comune ma anche confini. Il loro raggiungimento può passare per vie spontanee o perverse, che sta a significare “per altre vie”. Desiderio e amore, sesso e amore? Desiderio e piacere? Desiderio, realtà e fantasia? Desideri veri, falsi, indotti, mimetici… Chiarire cos’è il ” bios” di cui tutti abbiamo bisogno non è solo desiderabile, ma necessario per essere e sentirsi vivi, ognuno con il suo percorso da attraversare nella farandola dionisiaca di emozioni. In un mondo che, non ci vuole più… il mio canto libero sei…

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