Si parla spesso di depressione stagionale, SAD (Seasonal Affective Disorder), un disturbo dell’umore ormai ampiamente riconosciuto. Ma quasi sempre ci si riferisce alla stagione invernale. Il buio, il freddo, le giornate corte, rendono quasi “autorizzato” dall’immaginario comune questo malessere. In pochi, invece, parlano della sua variante opposta, quella che arriva quando la luce è più intensa, le giornate sembrano infinite e tutto il mondo sembra gioire: la depressione estiva.
Meno discussa, meno accettata socialmente, la depressione estiva è più difficile da nominare e affrontare. Perché la tristezza, d’estate, appare fuori luogo. Inconcepibile.
La depressione estiva, un’anomalia singolare
Non si tratta sempre di una forma clinica o patologica. La depressione estiva, come quella invernale, può manifestarsi come una forma sottile di malessere, un velo che avvolge i pensieri e appesantisce i giorni. Si dorme male, si mangia meno o, spesso e paradossalmente, molto di più. Come per combattere quel senso di spossatezza e affaticamento che ci accompagna fin dal risveglio. Ma soprattutto si avverte un senso di disconnessione dal mondo che ci circonda.
E questo perché c’è un non detto riguardo i mesi caldi: che siano sinonimo di felicità, entusiasmo e leggerezza.
D’estate si è più leggeri, perché ci si spoglia. Si è più belli, perché ci si abbronza. Si è più spensierati, perché non si lavora. Si è più allegri, perché c’è più luce. Si è più liberi, perché non si hanno orari.
Ma se si amano i maglioni a collo alto, i berretti e le sciarpe, l’imbrunire pomeridiano, il raccoglimento nella penombra, il gelo della neve sul viso, il vento pungente, sferzante, tonificante, lo scoppiettare di un caminetto, gli orari stabiliti, la routine lavorativa, è difficile sentirsi allineati. Ed è invece molto facile sentirsi ancora più depressi.
Quando l’estate ci rende asociali
Per chi vive questo tipo di malessere, l’estate può diventare una stagione di esclusione. Mentre gli altri si galvanizzano, organizzano feste e vacanze, mostrano abbronzature perfette e raccontano esperienze entusiasmanti, chi si sente alienato da questo entusiasmo collettivo prova un senso di smarrimento. Come se il mondo avesse preso una direzione che non si riesce a seguire.
Il caldo estremo, la luce costante, la sospensione della routine quotidiana: tutto può contribuire a un senso di spaesamento. Ma anche il contatto fisico involontario, come quello che avviene per strada, sui mezzi pubblici, tra corpi sudati e scoperti, può essere fonte di disagio. Aumenta la percezione di un’invasione, di una perdita di confini, che chi è già sensibile vive come un’aggressione.
E tutto questo ci porta a rinchiudersi, a evitare, a isolarsi.
La depressione estiva è censurata
Chi vive questa forma di disagio raramente lo racconta. Perché teme di non venir compreso. Perché dirlo suona quasi come una provocazione. Una posa per fare gli originali. O, all’opposto, fa presupporre un disturbo più serio, che prescinde dalla stagione.
Nessuno ci crede che quello che piace a tutti, semplicemente, a qualcuno non piaccia affatto. Che quello che a tutti energizza, a qualcuno invece spossi. È più facile credere che si tratti di depressione clinica o patologica, a prescindere dalla stagione. O di un atteggiamento egocentrico.
Come si fa a dire “odio l’estate”? Come si fa a confessare che quella stagione luminosa che tutti aspettano con entusiasmo, per te è un periodo buio? Che quello che per tutti gli altri è stimolo ed energia, a te spegne e abbatte?
E allora si tace. Si evita di parlarne.
Ci si censura.
Riconoscere la propria voce anche fuori dal coro
Accettare con molta naturalezza che, come chi patisce l’inverno, esiste anche chi patisce l’estate, è un primo passo. La depressione estiva non è un capriccio, né una stranezza da nascondere. È una reazione emotiva reale a un ambiente che può risultare opprimente.
E la soluzione non sta nel costringersi a partecipare a un’estate che non si sente nostra.
Forse sta, più semplicemente, nel cercare momenti e spazi che ci rispecchino.
Nell’imparare a restare in contatto con i nostri bisogni, anche quando sembrano in controtendenza.
Perché sì, è possibile odiare l’estate. È possibile sentirsi fuori posto, nei posti più amati e ambiti, e per questo voler trovare un angolo d’ombra – fisico o simbolico – dove poter respirare, rallentare, sentirsi a proprio agio.
Non esiste una sola estate. E anche quella più silenziosa, più introversa, meno solare, meno abbronzata e meno nuda, è estate. Anche se non è uguale a quella degli altri.

