Sagoma di una persona seduta nella parte superiore di una clessidra, circondata da sabbia nera, simbolo dell'illusione di poter ingannare il tempo, mentre lui continua a scorrere.

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By Psicosinfonie

Ingannare il tempo: una pericolosa illusione

C’è un’espressione che usiamo con leggerezza, quasi con noncuranza, come se fosse un trucco magico, divertente e leggero, che ci salva dalla noia e dalle attese: “ingannare il tempo”. La diciamo quando ci stiamo distraendo, quando giochiamo col telefono in coda alle poste, quando leggiamo articoli a metà, quando facciamo zapping esistenziale tra una distrazione e l’altra. “Sto ingannando il tempo”, diciamo. Ma è vero, che lo inganniamo, il tempo, o e lui a ingannare noi?

Il tempo, in realtà, non si lascia ingannare.
Al contrario, è lui che spesso inganna noi — e con una facilità sorprendente. Proprio mentre crediamo di dominarlo, lui ci scivola via, impalpabile e perfido, come sabbia tra le dita.

È il grande illusionista: ti fa credere che c’è ancora tempo, che puoi rimandare, che non stai sprecando niente. Ti convince che “dopo” ci sarà spazio per tutto. Intanto, però, le ore si dissolvono, le settimane evaporano, e gli anni si travestono da giorni.
Illudendoci con il suo scorrere lento e monotono, misurabile e sempre uguale, ci sorprende all’improvviso quando ci è passato accanto come un treno. E lo abbiamo perso.

Il tempo ha la pazienza del diavolo

Il tempo non ha fretta, non ha bisogno di correre. Non è presuntuoso. Si lascia tranquillamente sottovalutare, mentre lo occupi con mille piccole cose, con distrazioni costruite a misura di ansia, con relazioni che ti appannano e giornate che non si ricordano.
Il tempo non si lascia accumulare, comprare, recuperare, ma ci lascia credere di avere un credito infinito.

L’idea di “ingannare il tempo” nasce forse dal bisogno di sentirci più furbi della nostra condizione umana. Più furbi di lui. Ma nessun umano ha mai vinto questa sfida. Al massimo, ha imparato a non farselo rubare.

Rubare il tempo (agli altri e a se stessi)

Se il tempo non si lascia accumulare, si lascia però rubare.
Una sottrazione spesso silenziosa, camuffata, che non dipende da lui.
Ma da persone che ci prosciugano l’energia, che parlano ma non comunicano, che chiedono presenza senza reciprocità.
Da abitudini che si fingono necessarie, ma sono solo automatismi.
Da lavori che ingoiano vita, promettendo carriera e restituendo solo burnout.
Da versioni di noi stessi che non sanno scegliere, che dicono troppi “sì” per educazione o paura.
Ogni volta che diciamo: “Non ho tempo”, dovremmo chiederci: “Chi lo sta usando al posto mio?”.
“Sto scegliendo io come viverlo, o sto subendo la scelta di qualcun altro?”

Una variante: ammazzare il tempo

Oltre a ingannare il tempo, c’è un altro modo di dire: “ammazzare il tempo”.
Ovviamente, come non si può ingannare, il tempo non si può neppure ammazzare. Però, in questa variante c’è un po’ più di verità…
Perché, anche se il Tempo non lo si ammazza, il proprio tempo sì.
Tutti i minuti, se non le ore, che trascorriamo “ammazzando il tempo”, non risuscitano.
Rimangono privi di vita sepolti dietro di noi.
Il Tempo non muore mai, ma il nostro sì.

Sfruttare il tempo: una soluzione, ma non assoluta

Sfruttare il tempo può sembrare la soluzione, se non vogliamo ammazzare o ingannare il tempo.
Impiegare il tempo per fare qualcosa di utile, di importante, o anche solo di piacevole.
Ma è solo un’opzione.
Una variante magari più costruttiva di altre. Ma che non sempre è possibile, e comunque non risolve il profondo rapporto che lega inscindibilmente l’essere umano al tempo.

Il tempo non chiede performance, ma attenzione. Non si tratta di riempirlo a tutti i costi, e neppure di lasciarlo svuotare. Si tratta di essere presenti mentre accade. Sentirlo mentre passa.

Andare a tempo

Il tempo è sempre uguale, scorre sempre alla stessa velocità, ma possiamo dargli un ritmo.
Un ritmo tutto nostro, che, se stiamo in ascolto, sentiamo dentro di noi.
Il nostro ritmo interiore e personale — tutto nostro, appunto — è quello che ci permette di accelerare e rallentare, senza pretendere – illudendoci o ingannandoci — che il tempo modifichi la sua andatura.
È questa la magia.
Seguendo il nostro ritmo, andiamo a tempo.

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