Per non dimenticare… ogni anno, quando si avvicina il Natale, ripenso a quale ne sia il senso e di cosa sia il caso di festeggiare — magari che esistano desideri di pace, di speranza, di amore, di generosità, di calore, di commozione di famiglia, di una società migliore, di cose più vere… di magia buona.
A Natale non si dovrebbe solo dare di più, ma pensare di più, ad esempio attraverso a quale millenaria aggregazione di corpo-pensieri e intuizioni si sia giunti alla profezia che sarebbe nato un bambino, il salvatore… il re dei re.
Al di là di credo religiosi e racconti biblici, è stupefacente pensare a quanta attenzione sia stata posta al concepimento, all’investimento eccezionale dei due genitori sul futuro figlio e a come ne abbiano protetto la nascita e la crescita. In questo trovo l’evidenza di come nel corso dei secoli l’insieme dei corpo-pensieri nelle correnti dell’umanosfera abbia portato alla profonda intuizione espressa nella simbolica rappresentazione della notte santa offerta a tutti, senza distinzioni. Non solo, ma anche di come le persone possano aprire i loro corpo-pensieri alla contemplazione del miracolo di una nuova vita, stringendosi intorno al bambinello con il calore di una famiglia allargata.
Contemplare può significare non solo sentire insieme, ma anche riscoprire nella sacralità del tempio dell’umanosfera quelle intuizioni che vanno oltre la logica e la razionalità.
Il Natale può proporre una serie di occasioni di giungere alla contemplazione rappresentate dal lungo viaggio e dall’adorazione dei Re Magi, dall’indifferenza e scarsa solidarietà incontrata da Maria e Giuseppe giunti a Betlemme, dalla parziale generosità di chi ha indicato loro la stalla, dall’arrivo successivo di pastori e gente comune che si raccolgono intorno alla grotta come se il tempo si fosse fermato. Contemplazione che ricorda anche ciò che può minacciare la libertà di esistere attraverso il simbolismo delle paure di Erode e dell’infanticidio.
L’adorazione dei Magi sembra dovuta al fatto di poter essere testimoni del miracolo della nascita, così voluta e cercata, e di poter rendere omaggio a tutte le potenzialità racchiuse nel neonato con i tre doni, che rappresentano i tesori coni i quali proteggerle. La stella cometa da loro a lungo seguita può far pensare al bisogno di istinti luminosi che guidino come bussole, se volgiamo gli occhi e i sensi alla volta dell’umanosfera che ci circonda.
In realtà, attraverso il patrimonio genetico ed epigenetico, a ogni nostro bambino vengono dati alla nascita tesori potenziali ricchi di istinti cui può attingere, se lo facciamo crescere più libero e sensitivo di noi.
Il Natale non dovrebbe ricordarci solo l’importanza della nascita, ma anche quanto nei suoi successivi mesi il neonato vada incontro a tutta una serie di proto esperienze, che già nel primo anno di vita condizionano lo sviluppo del suo carattere e della sua personalità. La non autonomia del neonato ci rende responsabili e non scusa l’ignoranza della meravigliosa, stellare complessità di ogni nuovo bambin Gesù.
Con questo non voglio dire che i genitori debbano caricarsi di dubbi e sensi di incapacità per non essere i dottori del tempio, ma sottolineare quanto sia importante prepararsi a intraprendere quell’incredibile viaggio creativo del dono della vita. Attraverso di esso possiamo riconoscere quei meravigliosi passaggi che ci hanno dato la possibilità di divenire persone e proteggere i talenti di quelli che verranno dopo di noi.
Nell’essere, come credo, così collegato all’umanosfera e ai corpo-pensieri, San Francesco aveva ben intuito — e cantato con le sue laudi — la sinfonia della contemplazione e del miracolo della vita, e di ritorno dal suo viaggio in Palestina, per porre fine ai massacri fra mussulmani e cristiani, si è fermato a Greggio dove con l’aiuto di persone semplici ha realizzato il primo presepio vivente… per non dimenticare l’energia buona del creato.

