Il telemarketing aggressivo ha raggiunto un livello di invadenza tale da non incidere solo sul nostro stato d’animo, ma anche sul nostro stesso essere.
Viviamo in un’epoca meravigliosa, per carità. Mai come oggi siamo stati così raggiungibili e connessi gli uni con gli altri. Ma se la maggior parte delle telefonate che riceviamo ormai proviene da call center che ci vogliono vendere qualcosa, le e-mail in entrata ci avvisano di un processo a nostro carico, e gli SMS ci confermano prestiti che non abbiamo mai chiesto… lo scenario perde un po’ del suo splendore e, soprattutto, della sua piacevolezza!
Non solo.
Questa invasione continua ha delle conseguenze psicologiche non indifferenti, e forse non ci rendiamo nemmeno conto di quanto ci stia cambiando.
Innanzitutto, perché rispondiamo?
A nostra discolpa, c’è da dire che i numeri da cui riceviamo chiamate non sono più anonimi o sospetti come una volta. Sono cellulari o numeri fissi, spesso con prefissi locali, e il dubbio che possa essere una chiamata importante è più che legittimo.
La paura di perdersi qualcosa
Per la paura di perderci qualcosa (una sorta di FOMO telefonica), rispondiamo. Ogni chiamata sconosciuta potrebbe essere quella importante: la nuova segretaria del medico, un corriere per un pacco in arrivo, un ufficio della banca per una questione urgente. Se non rispondiamo, cosa rischiamo di perdere?
E così, anche quando troviamo una chiamata persa, finiamo per richiamare un numero inesistente.
Ogni volta la stessa storia, eppure il dubbio rimane: e se la prossima fosse davvero importante?
Per quanto riguarda le e-mail, il discorso non cambia di tanto.
Anzi.
La paura di aver sbagliato qualcosa
Nel caso delle e-mail, la trappola è ancora più subdola. Le e-mail truffaldine lo sanno bene: minacciare funziona sempre. E così, anche se riconosciamo le truffe a colpo d’occhio, un’occhiata ce la diamo sempre. Non si sa mai. E il dubbio si insinua: “E se fosse vero?”.
In fin dei conti, secondo l’e-mail, il tribunale ci sta citando in giudizio, la nostra banca ci intima la riscossione di un debito, l’Agenzia delle Entrate ha aperto un’indagine su di noi, un sistema antivirus ci ringrazia per aver sottoscritto un abbonamento da migliaia di euro… Sai che è falso, ma per un micro-secondo il panico ti prende.
Poi, per carità, torni in te, ma nervoso e frustrato per la perdita di tempo ed energie.
La rabbia
Il problema non è solo la perdita di tempo. È il modo in cui questo martellamento ci rende rabbiosi.
Perché, quando rispondi a una di queste telefonate, ti ritrovi letteralmente imprigionato in una conversazione che non vuoi o non puoi sostenere. Dire con gentilezza: “Non mi interessa, grazie” non serve a niente. E neppure che non puoi ascoltare perché sei al lavoro, o in ospedale, o in macchina verso la chiesa con un bouquet in mano! Non gli interessa niente di te.
Chi c’è dall’altra parte non accetta un no. Ti interrompe, insiste, cerca di manipolarti.
Non ti lascia mettere giù con la gentilezza che ti contraddistingue. Ti costringe a continuare a parlare anche se arrivi a implorarlo di chiudere la telefonata.
E così ti trasformi in quello che non sei e non vorresti essere.
Urli, sbraiti, inveisci, o semplicemente butti giù mentre l’altro sta ancora parlando, come ti hanno educato a non fare mai.
Cosa che, sotto sotto, anche se eri legittimato a farlo, ti fa sentire maleducato e in colpa.
E la rabbia resta…
La frustrazione di sentirsi un bersaglio
A furia di essere subissati da telemarketing aggressivo, spam, phishing e truffe, si sviluppa una sensazione fastidiosa: non sei più una persona, sei un bersaglio. Qualcuno, da qualche parte, sta costantemente cercando di venderti qualcosa, fregarti, farti cadere in una trappola.
Chi ci vuole vendere, chi ci vuole truffare, chi vuole solo la nostra attenzione. Ci sentiamo preda di un sistema che non ci rispetta.
E più ti accorgi di quanto sei esposto, più ti senti vulnerabile.
E più ti senti vulnerabile, più diventi diffidente.
Una preda.
La sfiducia nel prossimo
Se ci sentiamo preda, come possiamo avere fiducia?
A furia di essere truffati, pressati, incastrati, il sospetto diventa la nostra unica difesa.
Non crediamo più a nessuno.
Il corriere che chiama per un pacco? Falso.
L’email dell’INPS? Sicuramente phishing.
Quella persona ci offre un aiuto? Sicuro che poi non ci presenti una parcella?
Il problema è che il telemarketing aggressivo — e in questa definizione ci metto dentro tutto il corollario — ci cambia dentro. Ci abitua a credere che il mondo sia tutto così. Che tutti ci rubino tempo, energie e denaro. Peraltro, non apertamente, ma con l’inganno. Molto spesso, pure in modo arrogante e insistente.
E questo, oltre a rubarci ogni fiducia nel prossimo, ci ruba anche qualcosa di molto prezioso: la gentilezza.

